La FED lascia i tassi invariati al 5,25% -5,50%

Per la seconda volta consecutiva la Federal Reserve ha lasciato invariati i tassi d’interesse al 5,25-5,50%. La decisione del Federal Open Market Committee è stata unanime.

Poco variata, nel comunicato ufficiale, la rapida diagnosi dell’economia Usa, che prende atto soprattutto della forte crescita registrata nel terzo trimestre, l’inatteso +4.9% (1,2% trimestrale non annualizzato) annunciato nei giorni scorsi. Anche per gli aumenti nell’occupazione si parla ora di una moderazione e non più di un rallentamento.

La novità più interessante riguarda l’andamento dei rendimenti, il cui rialzo aveva spinto Jerome Powell a dire che forse l’ultimo rialzo di quest’anno, atteso per dicembre, era ormai inutile perché, per così dire, i mercati stavano già “svolgendo il lavoro” della Fed. Anche nel comunicato si parla allora di «condizioni finanziarie e creditizie» – e non più soltanto di «condizioni creditizie» – che in futuro peseranno «sull’attività economica, sulle assunzioni e sull’inflazione».

In conferenza stampa, il presidente Jerome Powell ha riconosciuto che «cambiamenti persistenti nelle condizioni finanziari possono avere implicazioni per l’andamento della politica monetaria», motivo per cui gli sviluppi finanziari sono «monitorati attentamente». Non solo i rendimenti, ma anche l’andamento del dollaro (il cambio effettivo) e delle quotazioni azionarie. La chiave è evidentemente nell’aggettivo «persistenti». Il comitato di politica monetaria della Fed non considera ancora sufficientemente solidi i rialzi della curva dei rendimenti, non tali in ogni caso da dichiarare finita la fase di rialzi dei tassi. Occorre anche, ha aggiunto Powell, che questi rialzi non riflettano semplicemente aspettative sulle mosse della stessa Fed.

Nuove strette non sono quindi esclusi. Powell non ha voluto definire come «neutrale», né orientata a un rialzo né a un taglio, l’attuale orientamento della politica monetaria. La questione resta ancora aperta: se sia necessario un nuovo aumento dei tassi a dicembre quando, ha ricordato il presidente, ci saranno nuove proiezioni macroeconomiche (e nuove indicazioni sull’andamento dei tassi). I rischi di fare troppo poco o di aver fatto troppo, dopo una lunga fase in cui è prevalso il primo, sono diventati ora più bilanciati, ma niente di più.

Troppo presto anche, a maggior ragione, per cantare vittoria dopo i recenti dati sull’inflazione, relativamente positivi. «Un po’ di mesi di dati positivi – ha detto Powell – sono solo l’inizio di quanto è necessario per darci fiducia che l’inflazione sta calando in modo sostenibile verso il nostro obiettivo. Il processo di portare l’inflazione in modo sostenuto al 2% ha ancora una lunga strada da percorrere». La Fed si aspetta ancora che la stretta produca un periodo di «crescita al di sotto del potenziale e un indebolimento delle condizioni del mercato del lavoro»: «Credo ancora, come i miei colleghi che sia verosimile, non certo ma verosimile, che occorra passare per una fase di crescita rallentata e di indebolimento del mercato dl lavoro».

(Articolo tratto da Il Sole 24 ore, Novembre 2023)

Confronta Strutture

Confronta